Critiche

CRITICHE / ESTRATTI / PRESENTAZIONI / ARTICOLI

Articoli sulle Mostre Personali

Dedicato al lavoro sulla Memoria: 

Oscar. Appiano Gentile, 2018.

Ho un cassetto pieno di fogli, ogni volta aprendolo qualcuno esce come a voler prendere una boccata d’aria, come a voler scappare… Qualche tempo fa lo riordinavo di tanto in tanto, forse per dar spazio ad altro, buttando parte del contenuto, specie quello che manifestava ricordi spiacevoli… Ogni volta l’operazione, come un ripasso di anni di vita, ne sfogliava la stratigrafia Tempi sovrapposti, in parte mescolati… tutti lì… su quegli inutili fogli, diretti stimolatori di ricordi non più ricordati. Non aggiungo più niente, anche se potrei e ora non ho voglia di aprirlo. Ho guardato con la curiosità di un viaggio i tuoi lavori, mi ha spinto a scriverti quello che hai appena letto… un semplice pensiero, forse un po’ retorico, ritornato alla mente attraverso il tuo lavoro. Grazie!


Poesie dedicate alla Serie Alluvioni:

Antonella Tagliabue. Alserio, 2017.

Antonella Tagliabue - poesia dedicata a Gloria Veronica Lavagnini - Serie Alluvione - Alserio 2017 (2) Antonella Tagliabue - poesia dedicata a Gloria Veronica Lavagnini - Serie Alluvione - Alserio 2017 (1)


Estratto dal Comunicato Stampa della Personale Trent’anni di memoria – Alserio (CO), 2017.

Questa mostra, curata da Gisella Colombo, nasce in memoria del 30° anniversario dalla disastrosa alluvione valtellinese. Per questo evento la giovane artista ha potuto proporre una delle sue ricerche ad oggi più complete dedicate alle alluvioni genovesi: la omonima Serie Alluvioni. Un’arte come denuncia ambientale e sociale che racconta dei danni e delle conseguenze delle calamità naturali sulla città di Genova. In questo caso si offre allo spettatore la possibilità di un collegamento non solo puramente descrittivo dell’episodio ma di trasporto emotivo. Leggendo i testi della performance dell’attore Carlo Arrigoni che si terrà nel giorno inaugurale, l’artista confessa quanto sia impressionante la somiglianza sia delle emozioni sia delle reazioni umane nonostante la distanza di tempo e di luogo. Come la maggior parte dei lavori della giovane artista, le opere esposte sono costituite dagli oggetti stessi del loro raccontare, in questo caso nella costante presenza del fango. I Feritori è l’istallazione prìncipe di questa mostra costituita da sette vasi poggiati su di un legno alluvionato. Sopra questi barattoli, sei pieni in riferimento alle singole calamità liguri ed uno vuoto nella speranza di un futuro senza tragedie, si trovano sette volti dipinti con il fango. A quest’opera Lavagnini ha affiancato un lavoro inedito pensato nello specifico per questo memorial: una tavola più piccola dove poggia un vaso colmo d’acqua dell’Adda, fiume che causò la strage nel 1987, sopra sono appese due riflessioni di quello che un tempo fu fango e non acqua immacolata come quella che possiamo ammirare oggi. Negli altri lavori esposti si trovano riflessioni sulla vita e sulla morte, sull’esistenza come traccia temporale, sul destino e sulla sacralità nascosta nei nostri inconsci. Trent’anni di memoria é dunque una mostra in ricordo dei danni e delle vittime di una strage che fortunatamente in Valtellina si chiude in un sol brutto ricordo ma che tutt’oggi, in altri luoghi, continua costantemente a ripresentarsi.


Estratto dal Comunicato Stampa della Personale IO SONO QUI: da una memoria sociale ad una personale, MuseoCartaMele (GE), 2016.

[…] Per questa personale la giovane artista ha voluto proporre un allestimento ed un percorso poetico site-specific. L’intera mostra è giocata al fine di richiamare nello spettatore la memoria di un sito e di un lavoro ricco di storia ormai perduta. Un fermo-immagine bloccato nel tempo e nelle mura di un luogo che abbiamo la fortuna di poter ancora ammirare. Il pavimento ed il soffitto in legno ed il vecchio mulino funzionante collegato alle macchine del primo piano, rispolverano il ricordo di un passato più o meno vivo ancor oggi in ognuno di noi. Così, approfittando anche del suono dello scorrere d’acqua del fiume, Lavagnini può collegarsi ad una delle sue ricerche ad oggi più complete dedicate alle alluvioni genovesi: la omonima Serie Alluvioni. Al primo piano quindi un’arte come denuncia ambientale e sociale che racconta dei danni e delle conseguenze delle calamità naturali sulla città di Genova. In questo piano del museo lo spettatore troverà le due Serie Orizzonti Sommersi, la Serie Ascendenze e la Serie Anime posizionate come immagini di una pellicola cinematografica sui polverosi teli dei macchinari. Come la maggior parte dei lavori della giovane artista, le opere esposte sono costituite dagli oggetti stessi del loro enunciare, in questo caso relazionate ad oliere, nastri, setacci e telai che diventano preziosi simboli. Ogni traccia, ogni colore, ogni materiale non è mai casuale nella poetica di Lavagnini bensì è Lì ed Ora per auto-raccontarsi. Sempre in questo piano opere dalla Serie Riflessioni e l’opera principe che racchiude e segna il passaggio da ciò che è esterno, sociale, oggettivo ed universale a ciò che è estremamente intimo, personale, unico, insostituibile: Senza titolo (Pettine), posizionato in una zona di bilico tra il primo ed il terzo piano che verrà dedicato interamente alla memoria personale. Si perché, in contemporanea ai temi sociali, Lavagnini insegue un percorso intimo, legato al proprio passato, alle proprie radici, alla propria famiglia, ai propri luoghi ed alla casa. Al terzo piano, quindi, una proiezione video affiancata all’opera originale dedicata al nonno, libri d’artista ed opere reduci da attimi di riflessioni profonde, viscerali, impulsive, scavate, difficili da ammettere, esternate e cancellate l’attimo seguente per paura che qualcuno potesse mai decifrarle. Nomi, oggetti, ritratti ancora una volta simboli di una memoria estremamente interiore che per uno strano filo sottile la unisce e trasforma in una memoria oggettiva ed universale. Io sono qui: da una memoria sociale ad una personale si fa luce e si ribalta di continuo in quella che più semplicemente l’essere umano chiama vita, al di là di ogni cultura, sia essa presente, passata o futura.


Presentazione per l’esposizione al Rebirth-day di Michelangelo Pistoletto (MI), 2014.

Prof.ssa Paola Salvi. Milano, 2014.

I feritori L’Accademia di Belle Arti di Brera presenterà il giorno 19 dicembre 2014 a studenti e visitatori, una installazione di Gloria Veronica Lavagnini che vuole aiutare a non dimenticare le alluvioni della città di Genova degli ultimi 60 anni. Il titolo dell’opera, I feritori, è un richiamo al nome del fiume più grande, e dunque dannoso, della città, oggi conosciuto come Bisagno ma chiamato in passato Il Feritore. La scelta del plurale vuole sottolineare come ogni fiume possa trasformarsi in un “portatore di ferita”, causando vittime, disastri ambientali ed economici in presenza di un’edificazione selvaggia. Il lavoro, in tutte le sue parti costituito da fango, non conserva solo il ricordo e la denuncia dei fatti, ma invita ad una presa di coscienza immediata che porti ad una proiezione futura, “guarita”.


Critica per la collettiva Oltre il segno (GE), 2014.

Flavia Motolese. Genova, 2014.

Nelle opere di Gloria Veronica Lavagnini, i colori diluiti risaltano per la delicatezza impalpabile del loro aspetto non-materico, in contrasto con la fisicità stropicciata della carta. Focalizzandosi sul soggetto, l’artista porta a termine la fusione tra tinta e supporto e crea combinazioni che, pur richiamando forme riconoscibili, sembrano abbandonare completamente i riferimenti oggettivi. Si tratta di una rielaborazione sintetica che ha perso qualsiasi geometria. Attraverso queste nebulose cromatiche, ci si addentra in un territorio quasi psicanalitico, in cui il caso confina con il subconscio per generare una serie di accostamenti indefiniti. Non è possibile isolare una singola tonalità, come non è possibile delimitare un unico pensiero nel corso del processo creativo.


Critica per la personale Colore: sostanza e leggerezza (GE), 2014.

Gianluca Gandolfo. Genova, 2014.

Gloria Veronica Lavagnini è nata a Varese nel 1992. Terminato il liceo artistico si è iscritta all’Accademia di Belle Arti di Brera dove ha conseguito la laurea triennale e dove tuttora frequenta i corsi di laurea specialistica. Abbandonata l’arte classica ha optato per l’astratto acquarellato, seguendo un corso sull’acquarello e le trasparenze del colore tenuto dal Professor Italo Bressan. Ad agosto 2010, conseguita la maturità artistica, ha esposto in due mostre a Genova Nervi nell’ambito del progetto “Dall’evento al documento”. Dopo varie esposizioni tra Milano e Genova è nel maggio di quest’anno che l’artista ottiene un importante riconoscimento vincendo il Primo Premio del Concorso A.M.A. nell’ambito del Festival di Chiari (BS). L’astrattismo delle sue opere, tutte create con colori acrilici opportunamente e sapientemente diluiti, prevede un unico soggetto: i volti. Pochi di essi sono facilmente percettibili, la maggior parte risulta invece impercettibile e non bastano i sensi e l’intuito per interpretarli. Bisogna infatti introiettarli in modo che essi “raggiungano l’inconscio” per apprezzarli a pieno. Accanto ad alcuni docenti di Brera che l’hanno aiutata durante la sua formazione artistica a liberarsi dall’accademismo classico dobbiamo citare artisti come il tedesco Anselm Kiefer, la pittrice statunitense Helen Frankenthaler importante esponente del movimento del Color Field e Mark Rothko per la composizione del colore, tra coloro che maggiormente hanno contribuito ed ispirato tutta la sua arte. Le opere di Gloria sono tutte volutamente prive di titolo e fanno parte di alcune serie tranne un recente trittico denominato “Probabilmente crescere”. L’artista vuole rappresentare nei suoi volti persone a lei vicine. Osservandoli con grande attenzione notiamo richiami dell’inconfondibile stile dei volti di Francis Bacon. Dal punto di vista tecnico la trasparenza e la brillantezza sono ottenuti utilizzando il bianco, i grigi e i verdi diluiti con molta acqua, espansi con l’uso di pennellessa. Le opere della Lavagnini non vanno interpretate limitandosi alla pura visione fine a se stessa, ma gli occhi dell’osservatore devono essere soltanto un tramite per fare in modo che le immagini di questa artista raggiungano prima la mente e poi l’animo di chi guarda; solo raggiunta quest’ultima meta l’osservatore è in grado di “vedere” i veri soggetti. E’ solo infatti una rappresentazione eterea di ciò che l’autrice desidera trasmettere a chi osserva i suoi volti, che permette alle sue immagini dai colori lievi e pastellati di “penetrare” aldilà della pura visione e raggiungere la vera sede di giudizio e di comprensione del suo messaggio artistico: l’animo dello spettatore. Il grande merito di Gloria è di affidare in ultima analisi all’inconscio di chi osserva di elaborare e di interpretare la fisionomia dei volti presenti nelle sue opere come Autoritratti dell’anima.